Accanto a queste convinzioni fatalistiche sta tuttavia la tendenza ad affidarsi «in seguito» ciecamente e scriteriatamente alla virtú regolatrice delle armi, ciò che però non è completamente senza una logica e una coerenza, poiché si pensa che l'intervento della volontà è utile per la distruzione, non per la ricostruzione (già in atto nel momento stesso della distruzione). La distruzione viene concepita meccanicamente non come distruzione-ricostruzione. In tali modi di pensare non si tiene conto del fattore «tempo» e non si tiene conto, in ultima analisi, della stessa «economia» nel senso che non si capisce come i fatti ideologici di massa sono sempre in arretrato sui fenomeni economici di massa e come pertanto in certi momenti la spinta automatica dovuta al fattore economico è rallentata, impastoiata o anche spezzata momentaneamente da elementi ideologici tradizionali, che perciò deve esserci lotta cosciente e predisposta per far «comprendere» le esigenze della posizione economica di massa che possono essere in contrasto con le direttive dei capi tradizionali. Una iniziativa politica appropriata è sempre necessaria per liberare la spinta economica dalle pastoie della politica tradizionale, per mutare cioè la direzione politica di certe forze che è necessario assorbire per realizzare un nuovo, omogeneo, senza contraddizioni interne, blocco storico economico-politico, e poiché due forze «simili» non possono fondersi in organismo nuovo che attraverso una serie di compromessi o con la forza delle armi, alleandole su un piano di alleanza o subordinando l'una all'altra con la coercizione, la quistione è se si ha questa forza e se sia «produttivo» impiegarla.
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