Paolo Treves (cfr. Il realismo politico di Francesco Guicciardini, in «Nuova Rivista Storica», novembre-dicembre 1930) commette molti errori nei giudizi sul Guicciardini e Machiavelli. Non distingue bene «politica» da «diplomazia», ma proprio in questa non distinzione è la causa dei suoi errati apprezzamenti. Nella politica infatti l'elemento volitivo ha un'importanza molto piú grande che nella diplomazia. La diplomazia sanziona e tende a conservare le situazioni create dall'urto delle politiche statali; è creativa solo per metafora o per convenzione filosofica (tutta l'attività umana è creativa). I rapporti internazionali riguardano un equilibrio di forze in cui ogni singolo elemento statale può influire molto debolmente: Firenze poteva influire rafforzando se stessa, per esempio, ma questo rafforzamento, se pure avesse migliorato la sua posizione nell'equilibrio italiano ed europeo non poteva certo essere pensato come decisivo per capovolgere l'insieme dell'equilibrio stesso. Perciò il diplomatico, per lo stesso abito professionale, è portato allo scetticismo e alla grettezza conservatrice.
Nei rapporti interni di uno Stato, la situazione è incomparabilmente piú favorevole all'iniziativa centrale, a una volontà di comando, cosí come la intendeva il Machiavelli. Il giudizio dato dal De Sanctis del Guicciardini è molto piú realistico di quanto il Treves creda. È da porre la domanda perché il De Sanctis fosse meglio preparato del Treves a dare questo giudizio storicamente e scientificamente piú esatto.
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