Ma, dice l'Azzalini, oltre una scienza, esiste un'arte politica. «Esistono uomini che traggono o trassero dall'intuizione personale la visione dei bisogni e degli interessi dei paesi governati, che nell'opera di governo attuarono nel mondo esterno la visione dell'intuito personale. Con ciò non vogliamo certamente dire che l'attività intuitiva e però artistica sia l'unica e la prevalente nell'uomo di Stato; vogliamo solo dire che in esso, accanto alle attività pratiche, economiche e morali, deve sussistere anche quell'attività teoretica sopraindicata, sia sotto l'aspetto soggettivo dell'intuizione che sotto l'aspetto oggettivo (!) dell'espressione e che, mancando tali requisiti, non può sussistere l'uomo di governo e tanto meno (!) l'uomo di Stato il cui fastigio è caratterizzato appunto da quella inacquistabile (?) facoltà. Anche nel campo politico, quindi, oltre lo scienziato in cui prevale la attività teoretica conoscitiva, sussiste l'artista in cui prevale l'attività teoretica intuitiva. Né con ciò si esaurisce interamente la sfera d'azione dell'arte politica che oltre all'essere osservata in relazione allo statista che colle funzioni pratiche del governo estrinseca la rappresentazione interna dell'intuito, può essere valutata in relazione allo scrittore che realizza nel mondo esterno (!) la verità politica intuita non con atti di potere ma con opere e scritti che traducono l'intuito dell'autore. È il caso dell'indiano Kamandaki (III secolo d. C.), del Petrarca nel Trattatello pei Carraresi, del Botero nella Ragion di Stato e, sotto certi aspetti, del Machiavelli e del Mazzini».
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