Le lotte interne del dopoguerra mancarono perciò di grande asprezza e specialmente, non si verificò l'inaudita oscillazione delle masse rurali verificatasi altrove.
La crisi endemica del parlamentarismo francese indica che c'è un malessere diffuso nel paese ma questo malessere non ha avuto finora un carattere radicale, non ha posto in gioco quistioni intangibili. C'è stato un allargamento della base industriale e quindi un accresciuto urbanesimo. Masse di rurali si sono riversate in città, ma non perché ci fosse in campagna disoccupazione o fame insoddisfatta di terra; perché in città si sta meglio, ci sono piú soddisfazioni ecc. (il prezzo della terra è bassissimo e molte terre buone sono abbandonate agli Italiani). La crisi parlamentare riflette (finora) piuttosto uno spostamento normale di masse (non dovuto ad acuta crisi economica), con una ricerca laboriosa di nuovi equilibri di rappresentanza e di partiti e un malessere vago che è solo premonitore di una possibile grande crisi politica. La stessa sensibilità dell'organismo politico porta ad esagerare formalmente i sintomi del malessere. Finora si è trattato di una serie di lotte per la divisione dei carichi e dei benefici statali, piú che altro, perciò crisi dei partiti medi e di quello radicale in primo luogo, che rappresenta le città medie e piccole e i contadini piú avanzati. Le forze politiche si preparano alle grandi lotte future e cercano un migliore assestamento; le forze extrastatali fanno sentire piú sensibilmente il loro peso e impongono i loro uomini in modo piú brutale.
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