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      D'altronde non bisogna mai dimenticare che lo sviluppo storico segue le leggi della necessità fino a quando l'iniziativa non sia nettamente passata dalla parte delle forze che tendono alla costruzione secondo un piano, di pacifica e solidale divisione del lavoro.
      Che i concetti non nazionali (cioè non riferibili a ogni singolo paese) siano sbagliati si vede per assurdo: essi hanno portato alla passività e all'inerzia in due fasi ben distinte: 1) nella prima fase, nessuno credeva di dover incominciare, cioè riteneva che incominciando si sarebbe trovato isolato; nell'attesa che tutti insieme si muovessero, nessuno intanto si muoveva e organizzava il movimento; 2) la seconda fase è forse peggiore, perché si aspetta una forma di «napoleonismo» anacronistico e antinaturale (poiché non tutte le fasi storiche si ripetono nella stessa forma). Le debolezze teoriche di questa forma moderna del vecchio meccanicismo sono mascherate dalla teoria generale della rivoluzione permanente che non è altro che una previsione generica presentata come dogma e che si distrugge da sé, per il fatto che non si manifesta effettualmente.
     
     
      Interpretazione del Principe. Se, come è stato scritto in altre note, l'interpretazione del Principe deve (o può) esser fatta ponendo come centro del libro l'invocazione finale, è da rivedere quanto di «reale» ci sia nella interpretazione cosí detta «satirica e rivoluzionaria» di esso (come si esprime Enrico Carrara nella nota al passo rispettivo dei Sepolcri nella sua opera scolastica Storia ed esempi della Letteratura Italiana, VII, L'ottocento, p. 59 (ed.


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Note sul Machiavelli sulla politica e sullo Stato moderno
di Antonio Gramsci
pagine 599

   





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