Voleva invece insegnare la «coerenza» nell'arte di governo e la coerenza impiegata ad un certo fine: la creazione di uno Stato unitario italiano. Cioè il Principe non è un libro di «scienza», accademicamente inteso, ma di «passione politica immediata», un «manifesto» di partito, che si fonda su una concezione «scientifica» dell'arte politica. Il Machiavelli insegna davvero la «coerenza» dei mezzi «bestiali», e ciò è contro la tesi dell'Alderisio (di cui occorre vedere lo scritto Intorno all'arte dello Stato del Machiavelli. Discussione ulteriore dell'interpretazione di essa come «pura politica», nei «Nuovi Studi» del giugno-ottobre 1932) ma questa «coerenza» non è una cosa meramente formale, ma la forma necessaria di una determinata linea politica attuale. Che poi dalla esposizione del Machiavelli si possano trarre elementi di una «pura politica» è altra quistione: ciò riguarda il posto che il Machiavelli occupa nel processo di formazione della scienza politica «moderna», che non è piccolo. L'Alderisio imposta male tutto il problema, e le qualche buone ragioni che può avere si perdono nella sconnessione del quadro generale sbagliato.
II. La quistione del perché il Machiavelli abbia scritto il Principe e le altre opere non è una semplice quistione di cultura o di psicologia dell'autore: essa serve a spiegare in parte il fascino di questi scritti, la loro vivacità e originalità. Non si tratta certo di «trattati» del tipo medioevale; neppure si tratta di opere di un avvocato curiale che voglia giustificare le operazioni o il modo di operare dei suoi «sostentatori» o sia pure del suo principe.
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