Il Russo nei Prolegomeni fa del Principe il trattato della dittatura (momento dell'autorità e dell'individuo) e dei Discorsi quello dell'egemonia (momento dell'universale e della libertà). L'osservazione del Russo è esatta, sebbene anche nel Principe non manchino gli accenni al momento dell'egemonia o del consenso accanto a quelli dell'autorità o della forza. Cosí è giusta l'osservazione che non c'è opposizione di principio tra principato e repubblica, ma si tratti piuttosto della ipostasi dei due momenti di autorità e universalità.
(Nuovo Machiavelli, cfr. quaderno speciale ecc). A proposito del Rinascimento, di Lorenzo dei Medici ecc., quistione di «grande politica e di piccola politica», politica creativa, e politica di equilibrio, di conservazione, anche se si tratta di conservare una situazione miserabile. Accusa ai francesi (e ai Galli fin da Giulio Cesare) di essere volubili ecc. E in questo senso gli italiani del Rinascimento non sono mai stati «volubili», anzi forse occorre distinguere tra la grande politica che gli italiani facevano all'«estero», come forza cosmopolita (finché la funzione cosmopolita durò) e la piccola politica all'interno, la piccola diplomazia, l'angustia dei programmi ecc., quindi la debolezza di coscienza nazionale che avrebbe domandato una attività audace e di fiducia nelle forze popolari-nazionali. Finito il periodo della funzione cosmopolita, rimase quello della «piccola politica» all'interno, lo sforzo immane per impedire ogni mutamento radicale.
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