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      Ciò che fa meraviglia, e che è caratteristico, è che il feticismo di questa specie si riproduca per organismi «volontari», di tipo non «pubblico» o statale, come i partiti e i sindacati. Si è portati a pensare i rapporti tra il singolo e l'organismo come un dualismo, e ad un atteggiamento critico esteriore del singolo verso l'organismo (se l'atteggiamento non è di una ammirazione entusiastica acritica). In ogni caso un rapporto feticistico. Il singolo s'aspetta che l'organismo faccia, anche se egli non opera e non riflette che appunto, essendo il suo atteggiamento molto diffuso, l'organismo è necessariamente inoperante.
      Inoltre è da riconoscere che essendo molto diffusa una concezione deterministica e meccanica della storia (concezione che è del senso comune ed è legata alla passività delle grandi masse popolari) ogni singolo, vedendo che, nonostante il suo non intervento, qualcosa tuttavia avviene, è portato a pensare che appunto al disopra dei singoli esiste una entità fantasmagorica, l'astrazione dell'organismo collettivo, una specie di divinità autonoma, che non pensa con nessuna testa concreta, ma tuttavia pensa, che non si muove con determinate gambe di uomini, ma tuttavia si muove ecc.
      Potrebbe sembrare che alcune ideologie, come quella dell'idealismo attuale (di Ugo Spirito) per cui si identifica l'individuo e lo Stato, dovrebbero rieducare le coscienze individuali, ma non pare ciò avvenga di fatto, perché questa identificazione è meramente verbale e verbalistica. Cosí è da dire di ogni forma del cosí detto «centralismo organico», il quale si fonda sul presupposto, che è vero solo in momenti eccezionali, di arroventatura delle passioni popolari, che il rapporto tra governanti e governati sia dato dal fatto che i governanti fanno gli interessi dei governati e pertanto «devono» averne il consenso, cioè deve verificarsi l'identificazione del singolo col tutto, il tutto (qualunque organismo esso sia) essendo rappresentato dai dirigenti.


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Note sul Machiavelli sulla politica e sullo Stato moderno
di Antonio Gramsci
pagine 599

   





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