Quale significato quindi può avere oggi il nazionalismo? Non è esso possibile come «imperialismo» economico-finanziario ma non piú come «primato» civile o egemonia politico-intellettuale?
Sul concetto di grande potenza. La misura decisiva per stabilire cosa deve intendersi per grande potenza è data dalla guerra. Il concetto di grande potenza è strettamente legato alle guerre. È grande potenza quello Stato che - entrato in un sistema di alleanze per una guerra - (e oggi ogni guerra presuppone dei sistemi di forze antagonistiche) al momento della pace è riuscito a conservare un tale rapporto di forze con gli alleati da essere in grado di far mantenere i patti e le promesse fatte all'inizio della campagna. Ma uno Stato che per entrare in guerra ha bisogno di grossi prestiti, ha bisogno continuo di armi e munizioni per i suoi soldati, di vettovaglie per l'esercito e per la popolazione civile, di navi per i trasporti, che cioè non può far la guerra senza l'aiuto continuo dei suoi alleati e che per qualche tempo anche dopo la pace ha ancora bisogno di aiuti, specialmente di vettovaglie, di prestiti o altre forme di sussidi finanziari, come può essere uguale ai suoi alleati e imporsi perché mantengano i patti? Un simile Stato è considerato grande potenza solo nelle carte diplomatiche, ma nella realtà è considerato come un probabile fornitore di uomini per la coalizione che ha i mezzi non solo di sostenere le proprie forze militari ma anche per finanziare quelle degli altri alleati.
Nella politica estera: «Cosí la politica estera italiana, mirando sempre alla stessa meta, è stata sempre rettilinea, e le sue pretese oscillazioni sono state in realtà determinate soltanto dalle incertezze e dalle contraddizioni altrui, com'è inevitabile nel campo internazionale dove infiniti sono gli elementi in contrasto» (Aldo Valori, «Corriere della Sera» del 12 maggio 1932). Che siano infiniti gli elementi di equilibrio di un sistema politico internazionale, è verissimo, ma appunto per ciò il sistema deve essere stabilito in modo che nonostante le fluttuazioni esterne, la propria linea non oscilli (è poi difficile definire cosa s'intende in tal caso per oscillazione - che non può essere intesa meccanicamente al modo dei farmacisti di villaggio e di una mera coerenza formale). La linea di uno Stato egemonico (cioè di una grande potenza) non oscilla, perché esso stesso determina la volontà altrui e non ne è determinato, perché la linea politica è fondata su ciò che vi è di permanente e non di casuale e immediato e nei propri interessi e in quelli delle altre forze che concorrono in modo decisivo a formare un sistema e un equilibrio.
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