Caporetto. Sul libro del Volpe Ottobre 1917. Dall'Isonzo al Piave, cfr. la recensione di Antonio Panella nel «Pègaso» dell'ottobre 1930. La recensione è benevola ma superficiale. Caporetto fu essenzialmente un «infortunio militare»; che il Volpe abbia dato, con tutta la sua autorità di storico e di uomo politico, a questa formula il valore di un luogo comune soddisfa molta gente che sentiva tutta l'insufficienza storica e morale (l'abbiezione morale) della polemica su Caporetto come «crimine» dei disfattisti o come «sciopero militare». Ma è troppa la compiacenza per la validità di questo nuovo luogo comune, perché non debba esserci una reazione, che d'altronde è piú difficile di quella al precedente luogo comune, come appare dalla critica fatta dall'Omodeo al libro del Volpe. «Assolti» i soldati, la massa militare esecutiva e strumentale («l'outil tactique élémentaire» come Anatole France fa dire a un generale dei soldati), si sente che il processo non è finito: la polemica tra il Volpe e l'Omodeo sugli «ufficiali di complemento» è interessante come indizio. Pare, dall'Omodeo, che il Volpe misconosca l'apporto bellico degli ufficiali di complemento, cioè della piccola borghesia intellettuale e quindi indirettamente indichi questa come responsabile dell'«infortunio», pur di salvare la classe superiore, che è già messa al sicuro dalla parola «infortunio». La responsabilità storica deve essere cercata nei rapporti generali di classe in cui soldati, ufficiali di complemento e stati maggiori occupano una posizione determinata, quindi nella struttura nazionale, di cui sola responsabile è la classe dirigente appunto perché dirigente (vale anche qui l'«ubi maior, minor cessat»). Ma questa critica che sarebbe veramente feconda, anche dal punto di vista nazionale, brucia le dita.
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