In altri paesi la diminuzione assai maggiore. Diminuzione correlativa nelle morti: da un massimo di 869.992 nel 1880 ad un minimo di 635.788 nel 1912, diminuzione che, dopo il periodo bellico, con 1.240.425 morti nel '18, è ricominciata: nel 1927 solo 611.362 morti, nel 1928 614 mila (vecchi confini; nei nuovi confini, 635.996 morti nel '27 e 639.000 nel '28). Cosí l'eccedenza dei nati sui morti nel 1928 è stata di 426.000 circa (nuovi confini 438.000) cioè piú favorevole che nel 1887, in cui solo 323.914, per l'alta percentuale di morti. Il massimo di eccedenza, 448 mila circa, si è avuto nel quinquennio 1910-14. (Si può dire, approssimativamente, che in un certo periodo storico, il grado di benessere di un popolo non può desumersi dal numero alto delle nascite, ma piuttosto dalla percentuale dei morti e dall'eccedenza dei nati sui morti: ma anche in questa fase storica incidono delle variabili che devono essere analizzate, infatti, piú che di benessere popolare assoluto può parlarsi di migliore organizzazione statale e sociale per l'igiene, ciò che impedisce a una epidemia, per esempio, di diffondersi tra una popolazione a basso livello, decimandola, ma non eleva per nulla questo livello stesso, se non si può dire che lo mantenga addirittura, evitando la sparizione dei piú deboli e improduttivi che vivono sul sacrificio degli altri).
Le cifre assolute delle nascite e delle morti danno solo l'incremento assoluto della popolazione. L'intensità dell'incremento è data dal rapporto di questo incremento col numero degli abitanti.
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