Già oggi in Francia l'equilibrio tra nascite e morti è faticosamente mantenuto coll'immigrazione, che determina altri gravi problemi morali e politici: in Francia la situazione è aggravata dalla relativamente alta percentuale di mortalità in confronto dell'Inghilterra e della Germania.
Calcolo regionale per il 1926: Piemonte (proporzione per 1.000 abitanti, nati e morti) 17,7-15,4, Liguria 17,1-13,8, Lombardia 25,1-17,9, Venezia Tridentina 25,0-17,5, Venezia Euganea 29,3-15,3, Venezia Giulia 22,8-16,1, Emilia 25,0-15,3, Toscana 22,2-14,3, Marche 28,0-15,7, Umbria 28,4-16,5, Lazio 28,1-16,3, Abruzzi 32,1-18,9, Campania 32,0-18,3, Puglie 34,0-20,8, Basilicata 36,6-23,1, Calabria 32,5-17,3, Sicilia 26,7-15,7, Sardegna 31,7-18,9. Prevalgono i livelli medi, ma con tendenza piuttosto verso il basso che verso l'alto.
Per il Mortara la causa della denatalità è da ricercarsi nella limitazione volontaria. Altri elementi possono contribuirvi saltuariamente, ma sono trascurabili (emigrazione degli uomini). C'è stato un «contagio» della Francia nel Piemonte e in Liguria, dove il fenomeno è piú grave (emigrazione temporanea ha servito di veicolo) e di piú lontana origine, ma non si può parlare di contagio «francese» per la Sicilia, che nel Mezzogiorno è un focolaio di denatalità. Non mancano indizi di limitazione volontaria in tutto il Mezzogiorno. Campagna e città: la città [ha] meno nascite che la campagna. Torino, Genova, Milano, Bologna, Firenze hanno (nel 1926) una media di natalità inferiore a Parigi.
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