Tutti i ragionamenti fatti dagli storici cattolici (e le affermazioni apodittiche dei pontefici nelle Encicliche) per spiegare la nascita dell'Azione Cattolica e per riallacciare questa nuova formazione a movimenti e attività «sempre esistiti» da Cristo in poi, sono di una estrema fallacia. Dopo il 1848 in tutta l'Europa (in Italia la crisi assume la forma specifica e diretta dell'anticlericalismo e della lotta anche militare contro la Chiesa) la crisi storico-politico-intellettuale è superata con la netta vittoria del liberalismo (inteso come concezione del mondo oltre che come particolare corrente politica) sulla concezione cosmopolitica e «papalina» del cattolicismo. Prima del 1848 si formavano partiti piú o meno effimeri e insorgevano singole personalità contro il cattolicismo; dopo il 1848 il cattolicismo e la Chiesa «devono» avere un proprio partito per difendersi, e arretrare il meno possibile, non possono piú parlare (altro che ufficialmente, perché la Chiesa non confesserà mai l'irrevocabilità di tale stato di cose) come se sapessero di essere la premessa necessaria e universale di ogni modo di pensare e di operare. Molti oggi non riescono piú neanche a persuadersi che cosí potesse essere una volta. Per dare un'idea di questo fatto, si può offrire questo modello: oggi nessuno può pensare sul serio a fondare un'associazione contro il suicidio (è possibile che in qualche parte esista una qualche società del genere, ma si tratta di altra cosa), perché non esiste nessuna corrente d'opinione che cerchi persuadere gli uomini (e riesca sia pure parzialmente) che occorre suicidarsi in massa (sebbene siano esistiti singoli individui e anche piccoli gruppi che hanno sostenuto tali forme di nichilismo radicale, pare in Ispagna): la «vita» è la premessa necessaria di ogni manifestazione di vita, evidentemente.
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