Dal 1908 al 1929 il Turmel ha continuato nel suo gioco di pseudonimi finché, per un caso, l'autorità ecclesiastica ebbe le prove palmari di questa duplicità; ma queste prove non furono subito esibite per liquidare l'abate: fu prima dato incarico al prof. L. Saltet, dell'Istituto cattolico di Tolosa, di fare un'ampia dimostrazione filologico-critico-teologica (nel «Bulletin de Littérature Ecclésiastique» di Tolosa) della paternità turmeliana di tutta una serie di scritti pubblicati con ben 14 pseudonimi, e poi il Turmel fu espulso dalla Chiesa. (Su questo argomento vedi altra nota, piú oltre). (La quistione dell'anonimato e degli pseudonimi cui ricorrevano i modernisti per sfuggire alle misure immediate di repressione è trattata dal Buonaiuti nel suo libro del 1927 sul Modernismo Cattolico con qualche sofisma e con una certa imbarazzata reticenza. È certo che questa tattica da «politicante» nocque molto specialmente al Buonaiuti, che dagli «idealisti» della «Voce» fu presentato come una personalità quasi spregevole. La figura del Buonaiuti non perde, nonostante tutto, una certa sua aura di grandezza morale e di severità di carattere, se si pensa che egli è il solo che da piú di 30 anni si è mantenuto nella sua posizione contro la Curia e i gesuiti, abbandonato da sostenitori e da amici, che o sono rientrati nell'ovile o sono passati decisamente nel campo laico. Né la sua attività è senza conseguenze per la Chiesa cattolica, se si tiene conto della diffusione dei suoi libri e del fatto che la Chiesa ripetute volte gli ha offerto dei compromessi).
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