Sarebbe interessante sapere se il Fovel scrive «estraendo dal suo cervello» oppure se egli ha dietro di sé (praticamente e non solo «in generale») determinate forze economiche che lo sorreggono e lo spingono. Il Fovel non è mai stato uno «scienziato» puro, che esprima certe tendenze cosí come gli intellettuali, anche «puri», esprimono sempre. Egli per molti aspetti, rientra nella galleria del tipo Ciccotti, Naldi, Bazzi, Preziosi, ecc. ma è piú complesso, per l'innegabile suo valore intellettuale. Il Fovel ha sempre aspirato a diventare un grande leader politico, e non è riuscito perché gli mancano alcune doti fondamentali: la forza di volontà diretta a un solo fine e la non volubilità intellettuale tipo Missiroli; inoltre troppo spesso egli si è troppo chiaramente legato a piccoli interessi loschi. Ha cominciato come «giovane radicale», prima della guerra: avrebbe voluto ringiovanire, dandogli un contenuto piú concreto e moderno, il movimento democratico tradizionale, civettando un po' coi repubblicani, specialmente federalisti e regionalisti («Critica Politica» di Oliviero Zuccarini). Durante la guerra fu neutralista giolittiano. Nel 1919 entra nel P.S. a Bologna, ma non scrive mai nell'«Avanti!». Prima dell'armistizio fa delle scappate a Torino. Gli industriali torinesi avevano acquistato la vecchia e malfamata «Gazzetta di Torino» per trasformarla e farne un loro organo diretto. Il Fovel aspirava a diventare il direttore della nuova combinazione ed era certamente in contatto con gli ambienti industriali.
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