Pagina (16/117)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Senza macchine, senza una abitazione sul luogo del lavoro, senza credito per attendere il tempo del raccolto, senza istituzioni cooperative che acquistino il raccolto stesso (se il contadino arriva al raccolto senza prima essersi impiccato al piú forte arbusto della boscaglia, o al meno tisico fico selvatico, della terra incolta!) e lo salvino dalle grinfie degli usurai, cosa può ottenere un contadino povero dall'invasione? Egli soddisfa, in un primo momento, i suoi istinti di proprietario, sazia la sua primitiva avidità di terra; ma in un secondo momento, quando s'accorge che le braccia non bastano per scassare una terra che solo la dinamite può squarciare, quando si accorge che sono necessarie le sementi e i concimi e gli strumenti di lavoro, e pensa che nessuno gli darà tutte queste cose indispensabili, e pensa alla serie futura dei giorni e delle notti da passare in una terra senza case, senza acque, con la malaria, il contadino sente la sua impotenza, la sua solitudine, la sua disperata condizione, e diventa un brigante, non un rivoluzionario, diventa un assassino dei «signori», non un lottatore per il comunismo.
      Perciò gli operai e i contadini rivoluzionari e i socialisti consapevoli non hanno visto un riflesso dei loro interessi e delle loro aspirazioni nelle iniziative parlamentari per il controllo sull'industria e per le terre «incolte o mal coltivate»; hanno visto in queste iniziative solo il «cretinismo» parlamentare, l'illusione riformista e opportunista, hanno visto la controrivoluzione.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La questione meridionale
di Antonio Gramsci
pagine 117