Si è verificata una restrizione dell'apparato produttivo proprio nello stesso tempo in cui aumentava la pressione demografica per le difficoltà dell'emigrazione transoceanica. L'apparato industriale ristretto ha potuto salvarsi dal completo sfacelo solo per un abbassamento del livello di vita della classe operaia premuta dalla diminuzione dei salari, dall'aumento della giornata di lavoro, dal carovita: ciò ha determinato una emigrazione di operai qualificati, cioè un impoverimento delle forze produttive umane che erano una delle piú grandi ricchezze nazionali. Le classi medie che avevano riposto nel regime fascista tutte le loro speranze, sono state travolte dalla crisi generale, anzi sono diventate proprio esse l'espressione della crisi capitalistica in questo periodo.
Questi elementi, rapidamente accennati, servono solo per ricordare tutta la portata della situazione attuale che non ha in se stessa nessuna virtú di risanamento economico. La crisi economica italiana può solo essere risolta dal proletariato. Solo inserendosi in una rivoluzione europea e mondiale il popolo italiano può riacquistare la capacità di far valere le sue forze produttive umane e ridare sviluppo all'apparato nazionale di produzione. Il fascismo ha solo ritardato la rivoluzione proletaria, non l'ha resa impossibile, esso ha contribuito anzi ad allargare ed approfondire il terreno della rivoluzione proletaria, che dopo l'esperimento fascista sarà veramente popolare.
La disgregazione sociale e politica del regime fascista ha avuto la sua prima manifestazione di massa nelle elezioni del 6 aprile.
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