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      Dobbiamo invece diventare un grande partito, dobbiamo cercare di attirare nelle nostre organizzazioni il piú gran numero possibile di operai e contadini rivoluzionari, per educarli alla lotta, per formarne degli organizzatori e dei dirigenti di massa, per elevarli politicamente. Lo Stato operaio e contadino può essere costruito solo se la rivoluzione disporrà di molti elementi qualificati politicamente; la lotta per la rivoluzione può essere condotta vittoriosamente solo se le grandi masse sono in tutte le loro formazioni locali, inquadrate e guidate da compagni onesti e capaci. Altrimenti si torna davvero, come gridano i reazionari, agli anni 1919-'20, agli anni cioè dell'impotenza proletaria, agli anni della demagogia massimalista, agli anni della sconfitta delle classi lavoratrici. Neanche noi comunisti vogliamo tornare agli anni 1919-'20.
     
      Un grande lavoro deve essere compiuto dal partito nel campo sindacale. Senza grandi organizzazioni sindacali non si esce dalla democrazia parlamentare. I riformisti possono volere dei piccoli sindacati, possono tentare di formare solo delle corporazioni di operai qualificati. Noi comunisti vogliamo il contrario dei riformisti e dobbiamo lottare per riorganizzare le grandi masse. Certo bisogna porsi il problema concretamente e non solo come forma. Le masse hanno abbandonato il sindacato, perché la Confederazione generale del lavoro, che pure ha una grande efficienza politica (essa è nient'altro che il partito unitario) non si interessa degli interessi vitali delle masse.


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La questione meridionale
di Antonio Gramsci
pagine 117

   





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