I comunisti torinesi reagirono energicamente contro questa ideologia, proprio a Torino, dove i racconti e le descrizioni dei veterani della guerra contro il «brigantaggio» nel Mezzogiorno e nelle isole avevano maggiormente influenzato la tradizione e lo spirito popolare. Reagirono energicamente, in forme pratiche, riuscendo ad ottenere risultati concreti di grandissima portata storica, riuscendo ad ottenere, proprio a Torino, embrioni di quella che sarà la soluzione del problema meridionale.
D'altronde, già prima della guerra, si era verificato a Torino un episodio che conteneva in potenza tutta l'azione e la propaganda svolte nel dopoguerra dai comunisti. Quando, nel 1914, per la morte di Pilade Gay, rimase vacante il IV collegio della città e fu posta la quistione del nuovo candidato, un gruppo della Sezione socialista, del quale facevano parte i futuri redattori dell'Ordine Nuovo, ventilò il progetto di presentare come candidato Gaetano Salvemini. Il Salvemini era allora l'esponente piú avanzato in senso radicale della massa contadina del Mezzogiorno. Egli era fuori del partito socialista, anzi conduceva contro il partito socialista una campagna vivacissima e pericolosissima, perché le sue affermazioni e le sue accuse, nella massa lavoratrice meridionale, diventavano causa di odio, non solo contro i Turati, i Treves, i d'Aragona ma contro il proletariato industriale nel suo complesso. (Molte delle pallottole che le guardie regie scaricarono nel '19, '20, '21, '22 contro gli operai erano fuse nello stesso piombo che serví a stampare gli articoli del Salvemini). Tuttavia questo gruppo torinese voleva fare un'affermazione sul nome del Salvemini, nel senso che al Salvemini stesso fu esposto dal compagno Ottavio Pastore recatosi a Firenze per avere il consenso alla candidatura.
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