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      Per vie incontrollate e incontrollabili, l'atteggiamento politico da noi sostenuto si diffondeva; la formazione del Partito sardo d'azione ne fu fortemente influenzata alla base e sarebbe possibile ricordare a questo proposito episodi ricchi di contenuto e di significato.
      L'ultima ripercussione controllata di questa azione la si ebbe nel 1922, quando, con gli stessi propositi che per la brigata Sassari, furono inviati a Torino 300 carabinieri della legione di Cagliari. Ricevemmo, alla redazione dell'Ordine Nuovo, una dichiarazione di principio, firmata da una grandissima parte di questi carabinieri; essa echeggiava di tutta la nostra impostazione del problema meridionale, essa era la prova decisiva della giustezza del nostro indirizzo.
     
      Il proletariato doveva fare suo questo indirizzo per dargli efficienza politica: ciò è sottinteso. Nessuna azione di massa è possibile se la massa stessa non è convinta dei fini che vuole raggiungere e dei metodi da applicare. Il proletariato, per essere capace di governare come classe, deve spogliarsi di ogni residuo corporativo, di ogni pregiudizio o incrostazione sindacalista. Cosa significa ciò? Che non solo devono essere superate le distinzioni che esistono tra professione e professione, ma che occorre, per conquistarsi la fiducia e il consenso dei contadini e di alcune categorie semiproletarie della città, superare alcuni pregiudizi e vincere certi egoismi che possono sussistere e sussistono nella classe operaia come tale anche quando nel suo seno sono spariti i particolarismi di professione.


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La questione meridionale
di Antonio Gramsci
pagine 117

   





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