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      Scelse, non a caso, questa seconda soluzione; Giolitti impersonò il dominio borghese, il partito socialista divenne lo strumento della politica giolittiana. Se osservate bene, nel decennio '900-910 si verificano le crisi piú radicali nel movimento socialista e operaio: la massa reagisce spontaneamente contro la politica dei capi riformisti. Nasce il sindacalismo, che è l'espressione istintiva, elementare, primitiva, ma sana, della reazione operaia contro il blocco con la borghesia e per un blocco coi contadini e in primo luogo coi contadini meridionali. Proprio cosí: anzi, in un certo senso, il sindacalismo è un debole tentativo dei contadini meridionali, rappresentati dai loro intellettuali piú avanzati, di dirigere il proletariato. Da chi è costituito il nucleo dirigente del sindacalismo italiano, quale è la essenza ideologica del sindacalismo italiano? Il nucleo dirigente del sindacalismo è costituito di meridionali quasi esclusivamente: Labriola, Leone, Longobardi, Orano. L'essenza ideologica del sindacalismo è un nuovo liberalismo piú energico, piú aggressivo, píú pugnace di quello tradizionale. Se osservate bene, due sono i motivi fondamentali intorno ai quali avvengono le crisi successive del sindacalismo e il passaggio graduale dei dirigenti sindacalisti nel campo borghese: l'emigrazione e il libero scambio, due motivi strettamente legati al meridionalismo. Il fatto della emigrazione fa nascere la concezione della «nazione proletaria» di Enrico Corradini; la guerra libica appare a tutto uno strato di intellettuali come l'inizio dell'offensiva della «grande proletaria» contro il mondo capitalistico e plutocratico.


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La questione meridionale
di Antonio Gramsci
pagine 117

   





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