Le maestranze necessariamente dovranno legarsi allo Stato, il quale «verrà in aiuto agli operai» attraverso l'opera dei deputati operai, attraverso la subordinazione del partito politico operaio alla politica governativa. Ecco il piano di Giolitti nella sua piena applicazione. Il proletariato torinese non esisterà piú come classe indipendente, ma solo come un'appendice dello Stato borghese. Il corporativismo di classe avrà trionfato, ma il proletariato avrà perduto la sua posizione e il suo ufficio di dirigente e di guida; esso apparirà alle masse degli operai piú poveri come un privilegiato, apparirà ai contadini come uno sfruttatore alla stessa stregua dei borghesi, perché la borghesia, come ha sempre fatto, presenterà alle masse contadine i nuclei operai privilegiati come l'unica causa dei loro mali e della loro miseria.
Le maestranze Fiat accettarono quasi all'unanimità il nostro punto di vista e le proposte della direzione furono respinte. Ma questo esperimento non poteva essere sufficiente. Il proletariato torinese, con tutta una serie di azioni, aveva dimostrato di avere raggiunto un altissimo grado di maturità e capacità politica. I tecnici e gli impiegati d'officina, nel 1919, poterono migliorare le condizioni solo perché appoggiati dagli operai. Per stroncare la agitazione dei tecnici, gli industriali proposero agli operai di nominare essi stessi, elettivamente, nuovi capisquadra e capireparto: gli operai respinsero la proposta, quantunque avessero parecchie ragioni di conflitto coi tecnici che erano sempre stati uno strumento padronale di repressione e di persecuzione.
| |
Stato Giolitti Stato Fiat
|