Allora i giornali fecero una furiosa campagna per isolare i tecnici, mettendo in vista i loro altissimi salari, che raggiungevano fino le 7.000 lire al mese. Gli operai qualificati aiutarono l'agitazione dei manovali, che solo cosí riuscirono a imporsi: nell'interno delle fabbriche furono spazzati via tutti i privilegi e gli sfruttamenti delle categorie piú qualificate ai danni delle meno qualificate. Attraverso queste azioni l'avanguardia proletaria si guadagnò la sua posizione sociale di avanguardia; è stata questa la base dello sviluppo del partito comunista a Torino. Ma fuori di Torino? Ebbene, noi volemmo di proposito portare la quistione fuori di Torino e precisamente a Reggio Emilia, dove esisteva la maggiore concentrazione di riformismo e di corporativismo di classe.
Reggio Emilia era sempre stato il bersaglio dei «meridionalisti». Una frase di Camillo Prampolini: «L'Italia si divide in nordici e sudici» era come l'espressione piú caratteristica dell'odio violento che tra i meridionali si spargeva contro gli operai del Nord. A Reggio Emilia si presentò una quistione simile a quella della Fiat: una grande officina doveva passare nelle mani degli operai come azienda cooperativa. I riformisti reggiani erano entusiasti dell'avvenimento e lo strombazzavano nei loro giornali e nelle loro riunioni. Un comunista torinese si recò a Reggio, prese la parola nel comizio di fabbrica, espose tutto il complesso della quistione tra Nord e Sud e si ottenne il «miracolo»: gli operai, a grandissima maggioranza, respinsero la tesi riformista e corporativa.
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