Fu dimostrato che i riformisti non rappresentavano lo spirito degli operai reggiani; ne rappresentavano solo la passività e altri lati negativi. Erano riusciti a instaurare un monopolio politico, data la notevole concentrazione nelle loro file di organizzatori e propagandisti d'un certo valore professionale, e quindi a impedire lo sviluppo e l'organizzazione di una corrente rivoluzionaria; ma era bastata la presenza di un rivoluzionario capace per metterli in iscacco e rivelare che gli operai reggiani sono dei valorosi combattenti e non dei porci allevati con la biada governativa.
Nell'aprile 1921, 5.000 operai rivoluzionari furono licenziati dalla Fiat, i Consigli di fabbrica furono aboliti, i salari reali furono abbassati. A Reggio Emilia avvenne probabilmente qualcosa di simile. Gli operai cioè furono battuti. Ma il sacrifizio che essi avevano fatto è restato inutile? Non lo crediamo: siamo anzi sicuri che esso non è stato inutile. È certo difficile registrare tutta una fila di grandi avvenimenti di massa che provino l'efficacia immediata e fulminea di queste azioni. D'altronde, per ciò che riguarda i contadini, queste registrazioni sono sempre difficili e quasi impossibili; sono ancora piú difficili per ciò che riguarda la massa contadina del Mezzogiorno.
Il Mezzogiorno può essere definito una grande disgregazione sociale; i contadini, che costituiscono la grande maggioranza della sua popolazione, non hanno nessuna coesione tra loro. (Si capisce che occorre fare delle eccezioni: le Puglie, la Sardegna, la Sicilia, dove esistono caratteristiche speciali nel grande quadro della struttura meridionale.
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