Avendo servito da intermediari tra il proletariato e determinati strati di intellettuali di sinistra, sono riusciti a modificare, se non completamente, certo notevolmente l'indirizzo mentale di essi. È questo l'elemento principale della figura di Piero Gobetti, se ben si riflette. Il quale non era un comunista e probabilmente non lo sarebbe mai diventato, ma aveva capito la posizione sociale e storica del proletariato e non riusciva piú a pensare astraendo da questo elemento. Gobetti, nel lavoro comune del giornale, era stato da noi posto a contatto con un mondo vivente che aveva prima conosciuto solo attraverso le formule dei libri. La sua caratteristica piú rilevante era la lealtà intellettuale e l'assenza completa di ogni vanità e piccineria di ordine inferiore: perciò non poteva non convincersi come tutta una serie di modi di vedere e di pensare tradizionali verso il proletariato erano falsi e ingiusti. Quale conseguenza ebbero in Gobetti questi contatti col mondo proletario? Essi furono l'origine e l'impulso per una concezione che non vogliamo discutere e approfondire, una concezione che in gran parte si riattacca al sindacalismo e al modo di pensare dei sindacalisti intellettuali: i principi del liberalismo vengono in essa proiettati dall'ordine dei fenomeni individuali a quello dei fenomeni di massa. Le qualità di eccellenza e di prestigio nella vita degli individui vengono trasportate nelle classi, concepite quasi come individualità collettive. Questa concezione di solito porta negli intellettuali che la condividono alla pura contemplazione e registrazione dei meriti e dei demeriti, a una posizione odiosa e melensa di arbitri tra le contese, di assegnatori dei premi e delle punizioni.
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Piero Gobetti Gobetti
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