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      ridionale su un terreno diverso da quello tradizionale, introducendovi il proletariato del Nord: di questi intellettuali Guido Dorso è la figura piú completa e interessante. Perché avremmo dovuto lottare contro il movimento di Rivoluzione liberale? Forse perché esso non era costituito di comunisti puri che avessero accettato dall'A alla Z il nostro programma e la nostra dottrina? Questo non poteva essere domandato perché sarebbe stato politicamente e storicamente un paradosso. Gli intellettuali si sviluppano lentamente, molto piú lentamente di qualsiasi altro gruppo sociale, per la stessa loro natura e funzione storica. Essi rappresentano tutta la tradizione culturale di un popolo, vogliono riassumerne e sintetizzarne tutta la storia: ciò sia detto specialmente del vecchio tipo di intellettuale, dell'intellettuale nato sul terreno contadino. Pensare possibile che esso possa, come massa, rompere con tutto il passato per porsi completamente nel terreno di una nuova ideologia, è assurdo. È assurdo per gli intellettuali come massa, e forse assurdo anche per moltissimi intellettuali presi individualmente, nonostante tutti gli onesti sforzi che essi fanno e vogliono fare. Ora a noi interessano gli intellettuali come massa, e non solo come individui. È certo importante e utile per il proletariato che uno o piú intellettuali, individualmente, aderiscano al suo programma e alla sua dottrina, si confondano nel proletariato, ne diventino e se ne sentano parte integrante. Il proletariato, come classe, è povero di elementi organizzativi, non ha e non può formarsi un proprio strato di intellettuali che molto lentamente, molto faticosamente e solo dopo la conquista del potere statale.


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La questione meridionale
di Antonio Gramsci
pagine 117

   





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