Apologo del ceppo e delle frasche secche (Q. 1)
[Cattivi politici] (Q. 1)
Frate Vedremo (Q. 3)
Le pilori de la vertu (Q. 3)
Appunti sparsi e note bibliografiche
La schiavitú del lavoro indigeno (Q. 5)
Luigi Villari, Il governo laburista britannico (Q. 5)
Auguste Boullier. L’île de Sardaigne (Q. 1)
Manzoni e Rosmini su Napoleone III (Q. 2)
Leggenda albanese delle «zane» e le «zane» sarde (Q. 2)
Gli Albanesi d’Italia (Q. 2)
Argomenti di coltura (Q. 8)
Goethe (Q. 7)
Giorgio Sorel (Q. 7)
Su Andrea Costa (Q. 3)
Ricciotti Garibaldi (Q. 9)
Teoria dei costi comparati e decrescenti (Q. 7)
[L’industria elettrica] (Q. 2)
Quistioni industriali (Q. 6)
Sicilia (Q. 5)
Indicazioni bibliografiche (Q. 26)
Opere di consultazione (Q. 17)
La «Rivista Militare Italiana» (Q. 8)
Sulla Cina (Q. 8)
Apologo (Q. 16)
Sulla morale (Q. 6)
Il prof. H. de Vries de Heekelingen (Q. 3)
Sulla moda (Q. 2)
Documenti del tempo (Q. 3)
I problemi dell’automobilismo al Congresso mondiale di Roma (Q. 2)
Indice dei nomi
I. Passato e presente
[Esperienze civili e morali.] Estrarre da questa rubrica una serie di note che siano del tipo dei Ricordi politici e civili del Guicciardini (tutte le proporzioni rispettate). I «Ricordi» sono tali in quanto riassumono non tanto avvenimenti autobiografici in senso stretto (sebbene anche questi non manchino), quanto «esperienze» civili e morali (morali piú nel senso etico-politico) strettamente connesse alla propria vita e ai suoi avvenimenti, considerate nel loro valore universale o nazionale. Per molti rispetti, una tal forma di scrittura può essere piú utile che le autobiografie in senso stretto, specialmente se essa si riferisce a processi vitali che sono caratterizzati dal continuo tentativo di superare un modo di vivere e di pensare arretrato, come quello che era proprio di un sardo del principio del secolo per appropriarsi un modo di vivere e di pensare non piú regionale e da «villaggio», ma nazionale, e tanto piú nazionale (anzi nazionale appunto perciò) in quanto cercava di inserirsi in modi di vivere e di pensare europei, o almeno il modo nazionale confrontava coi modi europei, le necessità culturali italiane confrontavano con le necessità culturali e le correnti europee (nel modo in cui ciò era possibile e fattibile nelle condizioni personali date, è vero, ma almeno secondo esigenze e bisogni fortemente sentiti in questo senso). Se è vero che una delle necessità piú forti della cultura italiana era quella di sprovincializzarsi anche nei centri urbani piú avanzati e moderni, tanto piú evidente dovrebbe apparire il processo in quanto sperimentato da un «triplice o quadruplice provinciale» come certo era un giovane sardo del principio del secolo.
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