È una prova di elementarietà del senso politico, di livello ancor basso della vita nazionale; è dovuto al fatto che realmente esiste un vasto ceto che «vive» della politica in «malafede», cioè senza avere convinzioni; è legato alla miseria generale, per cui facilmente si crede che un atto politico è dovuto a cause pecuniarie, ecc. «Inetto, ma galantuomo», modi di dire curiosi in politica: si riconosce uno inetto, ma poiché lo si crede «galantuomo» ci si affida a lui; ma «inetto» in politica non corrisponde a «briccone» in morale? È vero che le conseguenze di queste campagne moralistiche lasciano di solito il tempo che trovano, se non sono uno strumento per determinare l’opinione pubblica popolare ad accettare una determinata «liquidazione» politica, o a domandarla, ecc.
I morti di fame e la malavita professionale. Bohème, scapigliatura, leggera, ecc. Nel libro La scapigliatura milanese (Milano, «Famiglia Meneghina» editrice, 1930, 16°, pp. 267, L. 15,00) Pietro Madini tenta una ricostruzione dell’ambiente generale di questo movimento letterario (antecedenti e derivazioni), compresi i rappresentanti delle scapigliature popolari, come la «compagnia della teppa» (verso il 1817), ritenuta una propaggine un po’ guasta della Carboneria, sciolta dall’Austria quando questa cominciò a temere l’azione patriottica del Bichinkommer. La teppa è diventata oggi sinonimo di malavita, anzi di una speciale malavita, ma questa derivazione non è senza significato per comprendere l’atteggiamento della vecchia «compagnia».
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