Ciò che Victor Hugo nell’Uomo che ride dice delle spavalderie che commettevano i giovani aristocratici inglesi, era una forma di «teppa»; essa ha una traccia da per tutto, in un certo periodo storico (moscardini, Santa Vehme, ecc.), ma si è conservata piú a lungo in Italia. Ricordare l’episodio di Terlizzi riportato dal giornale di Rerum Scriptor nel ’12 o ’13. Anche le cosí dette «burle» che tanta materia dànno ai novellieri del Trecento-Cinquecento rientrano in questo quadro: i giovani di una classe disoccupata economicamente e politicamente diventano «teppisti».
[Sciocchi e bricconi.] È stato osservato che è preferibile il briccone allo sciocco, perché col briccone si può venire a patti e fargli fare il galantuomo per tornaconto, ma dallo sciocco... sequitur quodlibet. È anche vero che il briccone è preferibile al semibriccone. In realtà, nella vita, non si incontrano mai bricconi dichiarati, tutti d’un pezzo, di carattere, per cosí dire, ma solo semibricconi, ti vedo e non ti vedo, dalle azioni ambigue, che riuscirebbero sempre a giustificare facendosi applaudire. È da pensare che il briccone sia un’invenzione romantica, oppure sia tale solo quando si incontra con la stupidaggine (ma allora è poco pericoloso, perché si scopre da sé). È da osservare che il briccone vero è superiore al galantuomo; infatti: il briccone può anche essere «galantuomo» (cioè può «fare» il galantuomo), mentre il galantuomo non fa bricconerie in nessun caso e per questo appunto è «galantuomo». Stupido davvero chi si aspetta di aver [a] che fare con bricconi dichiarati, patenti, indiscutibili: invece si ha anche troppo spesso a che fare coi semibricconi, che pertanto sono essi i... veri ed unici bricconi, quelli della realtà quotidiana.
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