Franco Ciarlantini nel 1929 (forse in «Augustea») ha domandato agli scrittori italiani se essi pensino che per far valere la cultura italiana nel mondo, convenga piuttosto l’apologia senza riserve o la critica sincera. Problema caratteristico.
[La retorica e lo spirito di lotta.] Dall’Enciclopedia Italiana (articolo «Guerra», p. 79): «Troppi scrittori del Secondo Impero sembrano convinti che la retorica, cui dànno facile esca i grandi episodi guerrieri della Rivoluzione e del Primo Impero, basti a tener alto lo spirito militare e che l’alto spirito militare basti da solo a neutralizzare l’altrui eventuale superiorità tecnica».
Questa affermazione se è giusta nella critica militare, è ancora piú perentoria nella critica dell’azione politica. Forse in un solo aspetto dell’azione politica, e cioè in quello elettoralistico nei regimi ultrademocratici liberali, può esser vero che la retorica e «l’alto spirito» di lotta (cartacea) possono sostituire la preordinazione tecnica minuziosa e organica e dare quindi «strepitose» vittorie. Questo giudizio può essere trasferito nella serie di note «Machiavelli» nella parte in cui si analizzano i diversi momenti di una situazione e specialmente nel momento piú immediato in cui ogni situazione culmina e si risolve effettivamente, cioè diventa storia.
Parlamento italiano. Vedere per quale preciso movimento politico si interpretò lo Statuto in modo da allargare la funzione e le attribuzioni del Parlamento. In realtà, la formazione di un governo che emanava dal Parlamento, si costituiva in gabinetto con un proprio presidente, ecc., è pratica che si inizia fin dai primi tempi dell’èra costituzionale, è il modo «autentico» di interpretare lo Statuto.
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