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      Anche lo Spirito è da porre tra i teorici (piú o meno inconsci, poiché nei suoi scritti, specialmente in «Critica Fascista», appare la sua preoccupazione di «dare qualcosa perché non si perda tutto»; è da vedere in proposito specialmente un articolo scritto dopo il convegno corporativo di Ferrara e l’esposizione della tesi della «corporazione proprietaria») della «rivoluzione passiva o rivoluzione-restaurazione», e non già, come egli pretenderebbe, fra gli «estremisti» di una qualsiasi dialettica ideale o reale. Se il torto del Croce è di voler apparire diverso da quello che è realmente, lo stesso torto è dello Spirito e del suo gruppo; e in fondo i due torti praticamente si identificano; si tratta di due fratelli siamesi che contendono perché troppo uniti.
     
     
      [«Bellettristica storica».] Nella «Critica» del 20 novembre 1930, in una recensione dei Feinde Bismarcks di Otto Westphal, Benedetto Croce scrive che «il motivo del favore che incontrano i volumi» del Ludwig «e i molti altri simili ai suoi, nasce da... un certo indebolimento e infrivolimento mentale, che la guerra ha prodotto nel mondo». Cosa può significare questa affermazione? Ad analizzarla, essa non significa nulla, proprio nulla. Mi pare che il fenomeno possa essere spiegato in modo piú realistico: nel dopoguerra è affiorato al mondo della cultura e dell’interesse per la storia uno strato sociale abbastanza importante, del quale gli scrittori tipo Ludwig sono l’espressione letteraria. Il fenomeno Ludwig significa progresso o regresso intellettuale?


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364

   





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