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      Nessuna apologia potrà farci credere che il vecchio comando supremo abbia condotto bene l’esercito. Ma per arrivare a comandare bene, bisogna voler comandare». Bisognerebbe sapere chi è questo signor Giacomo Devoto, se è un militare (un G. Devoto è professore di glottologia all’Università di Padova). Il suo ragionamento rassomiglia a quello dell’on. Giuseppe Canepa, commissario per gli approvvigionamenti nel 1917, che, dopo gli avvenimenti di Torino, si giustificò della disorganizzazione del suo servizio, ricordando il «provando e riprovando» dell’Accademia del Cimento. Ma questa è la filosofia di monsignor Perrelli nel governo dei cavalli. E non si tien conto che la massa dell’esercito non è un corpo vile e passivo per fare tali esperienze, ma reagisce, appunto, disfacendosi: perciò è utile sapere chi è il Devoto, se appartiene ai circoli militari e se le sue opinioni sono pure idiosincrasie o concezione diffusa.
      Paolo Boselli si potrebbe chiamare la «cicala nazionale». La sua scelta a capo del governo nazionale nel giugno 1916 è il segno della debolezza della combinazione, che si costituisce su un terreno di retorica parolaia e non di realismo politico: sotto il velo dell’unità data dai discorsi del Boselli, il governo era dilaniato da dissidi insanabili e che, d’altronde, non si voleva sanare, ma solo coprire.
      Politica dei giolittiani nel dopoguerra: discorso di Giolitti a Dronero, dove si pone la quistione della soppressione dell’art. 5 dello Statuto, cioè dell’allargamento dei poteri parlamentari contro il potere esecutivo.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364

   





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