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      La caratteristica della politica giolittiana è di non aver coraggio di se stessa (ma che cosa poi si proponeva Giolitti? e non si accontentava poi egli di ottenere appunto solo ciò che ottenne effettivamente, cioè di disperdere il partito calandrino?): i giolittiani vogliono una costituente senza la costituente, senza cioè l’agitazione politica popolare che è legata alla convocazione di una costituente: vogliono che il normale Parlamento funzioni come una costituente ridotta ai minimi termini, edulcorata, addomesticata. Bisogna ricercare la funzione svolta da Nitti per togliere ancora il residuo di veleno alla parola d’ordine lanciata da Giolitti, per diluirla, annegarla nel marasma parlamentare: certo è che la quistione della soppressione dell’art. 5 fa la sua comparsa ufficiale in Parlamento, per essere dimenticata. I giolittiani, prima del ritorno di Giolitti al governo, lanciano la parola d’ordine di un’«inchiesta politica sulla guerra». Cosa poi significhi di preciso questa formula è difficile capire: ma essa è appunto solo uno pseudonimo della costituente ridotta voluta da Giolitti, come arma per intimorire gli avversari. È da ricordare che i giolittiani ponevano tutta la loro speranza politica nel Partito popolare, come partito di massa centrista, che avrebbe dovuto servire (e, in realtà, serví) da strumento per la manovra giolittiana. Articoli di Luigi Ambrosini nella «Stampa», entrata di Ambrosini nel Partito popolare (confrontare alcuni di questi articoli raccolti nel volumetto Fra Galdino alla cerca). È tutto un periodo di storia politica e dei partiti italiani da studiare e da approfondire.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
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