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      Dava alla massa una coscienza «teoretica», di creatrice di valori storici ed istituzionali, di fondatrice di Stati.
      Questa unità della «spontaneità» e della «direzione consapevole» ossia della «disciplina», è appunto l’azione politica reale delle classi subalterne, in quanto politica di massa e non semplice avventura di gruppi che si richiamano alla massa. Si presenta una quistione teorica fondamentale a questo proposito: la teoria moderna può essere in opposizione con i sentimenti «spontanei» delle masse? («spontanei» nel senso che non [sono] dovuti a un’attività educatrice sistematica da parte di un gruppo dirigente già consapevole, ma formatosi attraverso l’esperienza quotidiana illuminata dal «senso comune», cioè dalla concezione tradizionale popolare del mondo, quello che molto pedestremente si chiama «istinto» e non è anch’esso che un’acquisizione storica primitiva ed elementare). Non può essere in opposizione: tra di essi c’è differenza «quantitativa», di grado, non di qualità: deve essere possibile una «riduzione», per cosí dire, reciproca, un passaggio dagli uni all’altra e viceversa. (Ricordare che Emanuele Kant ci teneva a che le sue teorie filosofiche fossero d’accordo col senso comune; la stessa posizione si verifica nel Croce: ricordare l’affermazione di Marx nella Sacra famiglia che le formule della politica francese della Rivoluzione si riducono ai principî della filosofia classica tedesca).
      Trascurare e peggio disprezzare i movimenti cosí detti «spontanei», cioè rinunziare a dar loro una direzione consapevole, ad elevarli ad un piano superiore inserendoli nella politica, può avere spesso conseguenze molto serie e gravi.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
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