C’era almeno il fine politico di dare una egemonia all’elemento urbano, che con la costituzione del consiglio veniva ad avere un centro proprio, dato che la Camera del Lavoro era provinciale? Questa intenzione mancava assolutamente e d’altronde il progetto non fu realizzato.
Il discorso di Treves sull’«espiazione»: questo discorso mi pare fondamentale per capire la confusione politica e il dilettantismo polemico dei leaders. Dietro a queste schermaglie c’è la paura delle responsabilità concrete, dietro a questa paura la nessuna unione con la classe rappresentata, la nessuna comprensione dei suoi bisogni fondamentali, delle sue aspirazioni, delle sue energie latenti: partito paternalistico, di piccoli borghesi che fanno le mosche cocchiere. Perché non difesa? L’idea della psicosi di guerra, e che un paese civile non può «permettere» che si verifichino certe scene selvagge. Queste generalità erano anch’esse mascherature di altri motivi piú profondi (d’altronde, erano in contraddizione con l’affermazione ripetuta ogni volta dopo un eccidio: l’abbiamo sempre detto noi che la classe dominante è reazionaria), che sempre si incentrano nel distacco dalla classe, cioè nelle «due classi»: non si riesce a capire ciò che avverrà se la reazione trionfa, perché non si vive la lotta reale, ma solo la lotta come «principio libresco».
Altra contraddizione intorno al volontarismo: se si è contro il volontarismo si dovrebbe apprezzare la «spontaneità». Invece no: ciò che era «spontaneo» era cosa inferiore, non degna di considerazione, non degna neppure di essere analizzata.
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Camera Lavoro Treves
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