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      In fondo, anche questo secondo motivo si può ridurre al primo: si tratta di piccole ambizioni, poiché hanno fretta e non vogliono aver da superare soverchie difficoltà o troppo grandi difficoltà, o correre troppo grandi pericoli.
      È nel carattere di ogni capo di essere ambizioso, cioè di aspirare con ogni sua forza all’esercizio del potere statale. Un capo non ambizioso non è un capo, ed è un elemento pericoloso per i suoi seguaci: egli è un inetto o un vigliacco. Ricordare l’affermazione di Arturo Vella: «Il nostro partito non sarà mai un partito di governo», cioè sarà sempre partito di opposizione: ma che significa proporsi di stare sempre all’opposizione? Significa preparare i peggiori disastri, perché se l’essere all’opposizione è comodo per gli oppositori, non è «comodo» (a seconda, naturalmente, delle forze oppositrici e della loro natura) per i dirigenti del governo, i quali a un certo punto dovranno porsi il problema di spezzare e spazzare l’opposizione. La grande ambizione, oltre che necessaria per la lotta, non è neanche spregevole moralmente, tutt’altro: tutto sta nel vedere se l’«ambizioso» si eleva dopo aver fatto il deserto intorno a sé, o se il suo elevarsi è condizionato consapevolmente dall’elevarsi di tutto uno strato sociale e se l’ambizioso vede appunto la propria elevazione come elemento dell’elevazione generale.
      Di solito, si vede la lotta delle piccole ambizioni (del proprio particulare) contro la grande ambizione (che è indissolubile dal bene collettivo). Queste osservazioni sull’ambizione possono e devono essere collegate con altre sulla cosí detta demagogia.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364

   





Arturo Vella