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      «Una resistenza che si prolunga troppo in una piazza assediata è demoralizzante di per se stessa. Essa implica sofferenze, fatiche, privazioni di riposo, malattie e la presenza continua non già del pericolo acuto che tempra, ma del pericolo cronico che abbatte». Carlo Marx, Quistione orientale, articolo del 14 settembre 1855 (Opere politiche, tomo VIII, p. 22).
     
     
      Politica e arte militare. Tattica delle grandi masse e tattica immediata di piccoli gruppi. Rientra nella discussione sulla guerra di posizione e quella di movimento, in quanto si riflette nella psicologia dei grandi capi (strateghi) e dei subalterni. È anche (se si può dire) il punto di connessione tra la strategia e la tattica, sia in politica che nell’arte militare. I singoli individui (anche come componenti di vaste masse) sono portati a concepire la guerra istintivamente, come «guerra di partigiani» o «guerra garibaldina» (che è un aspetto superiore della «guerra di partigiani»). Nella politica l’errore avviene per una inesatta comprensione di ciò che è lo Stato (nel significato integrale: dittatura piú egemonia), nella guerra si ha un errore simile, trasportato nel campo nemico (incomprensione non solo del proprio Stato, ma anche dello Stato nemico). L’errore nell’uno e nell’altro caso è legato al particolarismo individuale, di municipio, di regione, che porta a sottovalutare l’avversario e la sua organizzazione di lotta.
     
     
      [Il transfuga.] Viene spesso osservato come un’incongruenza e un sintomo di ciò che la politica di per sé pervertisce gli animi, il fatto che, dopo una rottura «si scopre» contro il transfuga o il traditore un mucchio di malefatte che prima pareva si ignorassero.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364

   





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