Sindacato e corporazione. Difficoltà che trovano i teorici del corporativismo a inquadrare il fatto sindacale (organizzazione delle categorie) e sorda lotta tra sindacalisti tradizionali (per esempio, E. Rossoni) e corporativisti di nuova mentalità (per esempio, Giuseppe Bottai e Ugo Spirito). In realtà, il Rossoni non riesce a superare la vecchia concezione del sindacalismo formale ed astratto, ma è anche vero che neanche il Bottai e lo Spirito riescono a comprendere e superare l’esigenza che sia pure grossolanamente e sordamente il Rossoni rappresenta. D’altronde, neanche il Bottai e lo Spirito sono d’accordo. Il Bottai afferma che il sindacato è un’istituzione necessaria che non può essere assorbita dalla corporazione, ma non riesce a definire cosa debba essere e quale funzione debba avere il sindacato; lo Spirito, invece, con una consequenzialità formale, sostiene che il sindacato deve essere assorbito nella corporazione, ma in questo assorbimento non appare quali compiti nuovi e quali nuove forme debbano risultare. Lo Spirito in due scritti sul libro del Bottai (Il Consiglio nazionale delle corporazioni, Milano, Mondadori, 1932, pp. XI-427), il primo pubblicato nel «Leonardo» del marzo 1933 (Il fascismo nella fase corporativa) e il secondo nell’«Italia Letteraria» del 26 marzo 1933 (Origine e avvenire della corporazione fascista) accenna al suo dissenso col Bottai. Scrive lo Spirito in questo secondo articolo: «Di quali prospettive intenda parlare il Bottai, si comprende da quel che egli osserva nello stesso articolo (articolo in «Lo Spettacolo Italiano» del settembre 1930), a proposito del rapporto tra sindacalismo e corporativismo e quindi tra sindacati e corporazioni e tra corporazioni nazionali e corporazioni di categoria.
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