Legislazioni, torbidi ecc.? Certo pare dimostrabile che la crisi ha origini «tecniche» cioè nei rapporti rispettivi di classe, ma che ai suoi inizi le prime manifestazioni o previsioni dettero luogo a conflitti di vario genere e a interventi legislativi, che misero piú in luce la «crisi» stessa, non la determinarono, o ne aumentarono alcuni fattori. Questi tre punti: 1) che la crisi è un processo complicato; 2) che si inizia almeno con la guerra, se pure questa non ne è la prima manifestazione; 3) che la crisi ha origini interne, nei modi di produzione e, quindi, di scambio, e non in fatti politici e giuridici, paiono i tre primi punti da chiarire con esattezza.
Altro punto è quello che si dimenticano i fatti semplici, cioè le contraddizioni fondamentali della società attuale, per fatti apparentemente complessi (ma meglio sarebbe dire «lambiccati»). Una delle contraddizioni fondamentali è questa: che, mentre la vita economica ha come premessa necessaria l’internazionalismo o meglio il cosmopolitismo, la vita statale si è sempre piú sviluppata nel senso del «nazionalismo», «del bastare a se stessi», ecc. Uno dei caratteri piú appariscenti dell’«attuale crisi» è niente altro che l’esasperazione dell’elemento nazionalistico (statale-nazionalistico) nell’economia: contingentamenti, clearing, restrizione al commercio delle divise, commercio bilanciato tra due soli Stati, ecc. Si potrebbe allora dire, e questo sarebbe il piú esatto, che la «crisi» non è altro che l’intensificazione quantitativa di certi elementi, non nuovi e originali, ma specialmente l’intensificazione di certi fenomeni, mentre altri che prima apparivano e operavano simultaneamente ai primi, immunizzandoli, sono divenuti inoperosi o sono scomparsi del tutto.
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