Anche il commendator Belloni, vicequestore di Roma, quando nel settembre 1925 mi fece una perquisizione domiciliare di quattro ore, mi parlò a lungo di queste rivendicazioni. Il veterinario di Ghilarza, prima della guerra, dottor Nessi, brianzolo, rivendicava anche il Delfinato, Lione compresa, e trovava ascolto fra i piccoli intellettuali sardi che sono francofobi estremisti per ragioni economiche (la guerra di tariffe con la Francia dopo il 1889) e per ragioni nazionalistiche, i sardi sostengono che neanche Napoleone ha potuto conquistare la Sardegna, e la festa di sant’Efisio a Cagliari non è altro che la riproduzione della vittoria dei sardi sui francesi del 1794 con l’intera distruzione della flotta francese (quaranta fregate) e di un corpo di sbarco di quattromila uomini.
La lingua italiana a Malta. La difesa della lingua e della cultura italiana a Malta, come appare dagli avvenimenti dei primi mesi del 1932 (confronta l’articolo del «Corriere della Sera» del 25 marzo 1932), è stata resa piú difficile dall’esistenza del Concordato. Finché lo Stato italiano era in conflitto con la Chiesa, l’esistenza di una italianità organizzata a Malta (come in molti altri paesi del mondo) non rappresentava un pericolo per gli Stati egemonici: essa difficilmente poteva svilupparsi nella sfera nazionale e politica: rimaneva nella sfera del folclore e delle culture dialettali. Col Concordato la quistione è cambiata: la Chiesa, amministrata da italiani, e rappresentata localmente da italiani, non piú in conflitto con lo Stato, in realtà si confonde con lo Stato italiano e non piú col ricordo folcloristico della cosmopoli cattolica.
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