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      Che a un certo punto ciò non sia avvenuto piú, che da modi di progresso certe forme di vita siano divenute un inciampo e un ostacolo, è vero, ma non è vero «su tutta l’area»: è vero dove è vero, cioè nelle forme piú alte di vita, in quelle decisive, in quelle che segnano la punta del progresso, ecc. Ma la vita non si sviluppa omogeneamente, si sviluppa invece per avanzate parziali, di punta, si sviluppa per cosí dire per crescenza «piramidale». Dunque, di ogni modo di vita occorre studiare la storia, cioè l’originaria «razionalità» e poi, riconosciuta questa, porsi la domanda, se in ogni singolo caso questa razionalità esiste ancora, in quanto esistono ancora le condizioni su cui la razionalità si basava. Il fatto, invece, a cui non si bada è questo: che i modi di vita appaiono a chi li vive come assoluti, «come naturali», cosí come si dice, e che è già una grandissima cosa il mostrarne la «storicità», il dimostrare che essi sono giustificati in quanto esistono certe condizioni, ma mutate queste non sono piú giustificati, ma «irrazionali». La discussione pertanto contro certi modi di vita e di operare assume un carattere odioso, persecutorio, diventa un fatto di «intelligenza» o «stupidaggine», ecc. Intellettualismo, illuminismo puro, contro cui occorre combattere incessantemente.
      Se ne deduce: 1) che ogni fatto è stato «razionale»; 2) che esso è da combattere in quanto non è piú razionale, cioè non è piú conforme al fine ma si trascina per la vischiosità dell’abitudine; 3) che non bisogna credere che, poiché un modo di vivere, di operare o di pensare è diventato «irrazionale» in un ambiente dato, sia diventato irrazionale da per tutto e per tutti e che solo la malvagità o la stupidaggine lo facciano ancora vivere; 4) che però il fatto che un modo di vivere, di pensare, di vivere e di operare, sia diventato irrazionale in qualche posto abbia una grandissima importanza, è vero, ed occorre metterlo in luce in tutti i modi: cosí si modifica inizialmente il costume, introducendo il modo di pensare storicistico, che faciliterà i mutamenti di fatto appena le condizioni saranno mutate, che cioè renderà meno «vischioso» il costume abitudinario.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364