Si può osservare che gli autodidatti in senso stretto sorgono in certi strati sociali a preferenza di altri e si capisce. Parliamo di quelli che hanno a loro disposizione solo la loro buona volontà e disponibilità finanziarie limitatissime, possibilità di spendere molto piccole o quasi nulle. Devono essere trascurati? Non pare, in quanto appunto pare che nascano partiti dedicati proprio a questi elementi, i quali appunto partono dal concetto di aver che fare con simili elementi. Ebbene: se questi elementi sociali esistono, non esistono le forze che cercano di ovviare ai loro bisogni, di elaborare questo materiale. O meglio: tali forze sociali esistono a parole ma non nei fatti, come affermazione ma non come attuazione. D’altronde, non è detto che non esistano forze sociali generiche che di tali bisogni si occupano, anzi fanno il loro unico lavoro, la loro precipua attività con questo risultato: che esse finiscono col contare piú di quel che dovrebbero, con l’avere un influsso piú grande di quello che «meriterebbero» e spesso addirittura collo «speculare» finanziariamente, su questi bisogni, perché gli autodidatti, nel loro stimolo, se spendono poco singolarmente, finiscono con lo spendere ragguardevolmente come insieme (ragguardevolmente nel senso che permettono con la loro spesa di vivere a parecchie persone). Il movimento di cui si parla (o si parlava) è quello libertario, e il suo antistoricismo, la sua retrività, si vede dal carattere dell’autodidattismo, che forma persone «anacronistiche» che pensano con modi antiquati e superati e questi tramandano, «vischiosamente». Dunque: 1) un movimento sorpassato, superato, in quanto soddisfa certi bisogni impellenti, finisce con l’avere un influsso maggiore di quanto storicamente gli spetterebbe; 2) questo movimento tiene arretrato il mondo culturale per le stesse ragioni ecc.
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