È da notare che da tale discussione si originano (almeno parzialmente) due tendenze: 1) quella della filosofia della prassi, che dallo studio dei due strati della popolazione francese come strati di origine nazionale diversa passò allo studio della funzione economico-sociale degli strati medesimi; 2) quella del razzismo e della superiorità della razza germanica, che, da elemento polemico dell’aristocrazia francese per giustificare una restaurazione piú radicale, un ritorno integrale alle condizioni del regime prerivoluzionario, divenne, attraverso Gobineau e Chamberlain, un elemento della cultura tedesca (d’importazione francese) con sviluppi nuovi e impensati.
In Italia la quistione non poteva attecchire perché la feudalità d’origine germanica fu distrutta dalle Rivoluzioni comunali (eccetto che nel Mezzogiorno e in Sicilia), dando luogo a una nuova aristocrazia d’origine mercantile e autoctona.
Che una tale quistione non sia astratta e libresca, ma abbia potuto diventare un’ideologia politica militante ed efficiente è stato dimostrato dagli avvenimenti tedeschi.
Giorgio Sorel. Nella «Critica Fascista» del 15 settembre 1933 Gustavo Glaesser riassume il recente libro di Michael Freund (Georges Sorel-Der revolutionäre Konservatismus, Klostermann Verlag, Francoforte sul Meno, 1932) che mostra quale scempio possa fare un ideologo tedesco di un uomo come Sorel. È da notare che, se pure Sorel possa, per la varietà e incoerenza dei suoi punti di vista, essere impiegato a giustificare i piú disparati atteggiamenti pratici, tuttavia è innegabile nel Sorel un punto fondamentale e costante, il suo radicale «liberalismo» (o teoria della spontaneità) che impedisce ogni conseguenza conservatrice delle sue opinioni.
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