Dal punto di vista della cultura è interessante l’attuale mito di «Cesare» che non ha nessuna base nella storia, cosí come nessuna base aveva nel Settecento l’esaltazione della repubblica romana come di una istituzione democratica e popolare, ecc.
Il movimento e il fine. È possibile mantenere vivo ed efficiente un movimento senza la prospettiva di fini immediati e mediati? L’affermazione del Bernstein secondo cui il movimento è tutto e il fine è nulla, sotto l’apparenza di una interpretazione «ortodossa» della dialettica, nasconde una concezione meccanicistica della vita e del movimento storico: le forze umane sono considerate come passive e non consapevoli, come un elemento non dissimile dalle cose materiali, e il concetto di evoluzione volgare, nel senso naturalistico, viene sostituito al concetto di svolgimento e di sviluppo. Ciò è tanto piú interessante da notare in quanto il Bernstein ha preso le sue armi nell’arsenale del revisionismo idealistico (dimenticando le Glosse su Feuerbach), che avrebbe dovuto portarlo invece a valutare l’intervento degli uomini (attivi, e quindi perseguenti certi fini immediati e mediati) come decisivo nello svolgimento storico (s’intende, nelle condizioni date). Ma, se si analizza piú a fondo, si vede che nel Bernstein e nei suoi seguaci l’intervento umano non è escluso del tutto, almeno implicitamente (ciò che sarebbe troppo scemo), ma è ammesso solo in modo unilaterale, perché è ammesso come «tesi», ma è escluso come «antitesi»; esso, ritenuto efficiente come tesi, ossia nel momento della resistenza e della conservazione, è rigettato come antitesi, ossia come iniziativa e spinta progressiva antagonista.
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