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      Sul sistema dell’imposta diretta come cespite principale di entrata reagisce l’interesse della classe dominante, che, come detentrice della ricchezza, tende a riversare i pesi fiscali sulla massa della popolazione con le imposte sul consumo; comincia allora la prima forma di debito pubblico, coi prestiti o anticipazioni che i ceti abbienti fanno per i bisogni dell’erario, assicurandosene il rimborso attraverso le gabelle. La lotta politica è caratterizzata dall’oscillazione tra «estimo» e imposta sul consumo: quando il Comune cade sotto una signoria forestiera (duca di Calabria e duca d’Atene) appare l’«estimo», mentre invece in certi momenti si giunge a ripudiare l’estimo in città (cosí nel 1315). Il regime signorile, sovrastando agli interessi delle classi sociali (cosí il Panella: ma realmente «rappresentando un certo equilibrio delle classi sociali, per cui il popolo riusciva a limitare lo strapotere delle classi ricche») può seguire un principio di giustizia distributiva e migliorare anche il sistema dell’imposta diretta, fino al 1427, agli albori del principato mediceo e al tramonto dell’oligarchia, in cui fu istituito il Catasto.
      Questo libro del Barbadoro è indispensabile per vedere appunto come la borghesia comunale non riuscí a superare la fase economica-corporativa, cioè a creare uno Stato «col consenso dei governati» e passibile di sviluppo. Lo sviluppo statale poteva avvenire solo come principato, non come repubblica comunale.
      È interessante anche il libro per studiare l’importanza politica del debito pubblico, che si sviluppò per le guerre di espansione, cioè per assicurare alla borghesia un piú ampio mercato e la libertà di transito.


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Il Risorgimento
di Antonio Gramsci
pagine 341

   





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