La cultura latina, fiorente nelle scuole di Francia del XII secolo - con magnifico rigoglio di studi grammaticali e rettorici, di composizioni poetiche e di prose regolate e solenni, a cui in Italia corrisponde una piú tarda e modesta produzione dei poeti ed eruditi veneti e dei dettatori - è una fase del medio-latino, è un prodotto schiettamente feudale nel senso primitivo di prima del Mille; cosí si dica degli studi giuridici, rinati per il bisogno di dare assetto legale ai nuovi e complessi rapporti politici e sociali, che si volgono è vero al diritto romano, ma rapidamente degenerano nella casistica piú minuziosa, appunto perché il diritto romano «puro» non può dare assetto ai nuovi complessi rapporti: in realtà attraverso la casistica dei glossatori e dei post-glossatori si formano delle giurisprudenze locali, in cui ha ragione il piú forte (o il nobile o il borghese) e che è l’«unico diritto» esistente: i principi del diritto romano vengono dimenticati o posposti alla glossa interpretativa che a sua volta è stata interpretata, con un prodotto ultimo in cui di romano non c’era nulla, altro che il principio puro e semplice di proprietà.
La Scolastica, «che viene nuovamente pensando e sistemando entro alle forme della filosofia antica» (rientrata, si noti, nel circolo della civiltà europea, non per il «ribulicare» dei fermenti profondi della storia, ma perché introdottavi dagli arabi e dagli ebrei) «le verità intuite dal Cristianesimo».
L’Architettura romanica. Il Rossi ha molta ragione di affermare che tutte queste manifestazioni dal 1000 al 1300 non sono frutto di artificiosa volontà imitatrice, ma spontanea manifestazione di una energia creativa, che scaturisce dal profondo e mette quegli uomini in grado di sentire e di rivivere l’antichità. Quest’ultima proposizione è però erronea, perché quegli uomini, in realtà, si mettono in grado di sentire e vivere intensamente il presente, mentre successivamente si forma uno strato di intellettuali che sente e rivive l’antichità e che si allontana sempre piú dalla vita popolare, perché la borghesia in Italia decade o si degrada fino a tutto il Settecento.
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