Ora, siffatta trasformazione è già avvenuta nell’ultimo decennio del Settecento, e non soltanto in Lombardia, ma anche a Napoli, in Piemonte, in quasi tutte le regioni d’Italia. I «patrioti» che tra l’89 e il ’96 sono mandati in esilio o salgono il patibolo, hanno cospirato, oltre che per istaurare la repubblica, anche per dare all’Italia indipendenza e unità; e negli anni successivi è l’amore dell’indipendenza che ispira e anima l’attività di tutta la classe politica italiana, sia che collabori coi francesi e sia che tenti dei moti insurrezionali allorché appare evidente che Napoleone non vuole concedere la libertà solennemente promessa». Il Peroni, in ogni modo, non ritiene che il moto italiano sia da ricercarsi prima del 1789, cioè afferma una dipendenza del Risorgimento dalla Rivoluzione francese, tesi che non è accettata dalla storiografia nazionalistica. Tuttavia, appare vero quanto il Peroni afferma, se si considera il fatto specifico e di importanza decisiva, del primo aggruppamento di elementi politici che si svilupperà fino a formare l’insieme dei partiti che saranno i protagonisti del Risorgimento. Se nel corso del Settecento cominciano ad apparire e a consolidarsi le condizioni obiettive, internazionali e nazionali, che fanno dell’unificazione nazionale un compito storicamente concreto (cioè non solo possibile, ma necessario), è certo che solo dopo l’89 questo compito diventa consapevole in gruppi di cittadini disposti alla lotta e al sacrificio. La Rivoluzione francese, cioè, è uno degli eventi europei che maggiormente operano per approfondire un movimento già iniziato nelle «cose», rafforzando le condizioni positive (oggettive e soggettive) del movimento stesso e funzionando come elemento di aggregazione e centralizzazione delle forze umane disperse in tutta la penisola e che altrimenti avrebbero tardato di piú a «incentrarsi» e comprendersi tra loro.
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