I concetti politici del Mosca sono vaghi e ondeggianti, la sua preparazione filosofica è nulla (e tale è rimasta in tutta la carriera letteraria del Mosca), i suoi principii di tecnica politica sono anch’essi vaghi e astratti e hanno carattere piuttosto giuridico. Il concetto di «classe politica», la cui affermazione diventerà il centro di tutti gli scritti di scienza politica del Mosca, è di una labilità estrema e non è ragionato né giustificato teoricamente. Tuttavia, il libro del Mosca è utile come documento. L’autore vuole essere spregiudicato per programma, non avere peli sulla lingua e cosí finisce per mettere in vista molti aspetti della vita italiana del tempo che altrimenti non avrebbero trovato documentazione. Sulla burocrazia civile e militare, sulla polizia ecc., il Mosca offre dei quadri talvolta di maniera, ma con una sostanza di verità (per esempio, sui sottufficiali dell’esercito, sui delegati di pubblica sicurezza ecc.). Le sue osservazioni sono specialmente valevoli per la Sicilia, per l’esperienza diretta del Mosca di quell’ambiente. Nel 1925 il Mosca aveva mutato punto di vista e prospettive, il suo materiale era sorpassato, tuttavia egli ristampò il libro per vanità letteraria, pensando di immunizzarlo con qualche noterella palinodica.
Sulla situazione politica italiana proprio nel 1883 e sull’atteggiamento dei clericali si può trovare qualche spunto interessante nel libro del maresciallo Lyautey, Lettres de jeunesse (Parigi, Grasset, 1931). Secondo il Lyautey molti italiani, tra i piú devoti al Vaticano, non credevano nell’avvenire del regno; ne prevedevano la decomposizione, da cui sarebbe nata un’Alta Italia con Firenze capitale, un’Italia Meridionale con capitale Napoli, e Roma in mezzo, con sbocco al mare.
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