Ma l’Omodeo stesso, nel suo libro L’Età del Risorgimento non è riuscito a dare una interpretazione e una ricostruzione che non sia estrinseca e di parata. Che il Risorgimento sia stato l’apporto italiano al grande movimento europeo del secolo XIX non significa senz’altro che l’egemonia del movimento fosse in Italia, e non significa neanche che anche dalla «maggioranza della minoranza» attiva il movimento stesso non sia stato seguito con riluttanza e obtorto collo. La grandezza individuale del Cavour e del Mazzini spicca ancor piú grande nella prospettiva storica come la palma nel deserto. Le osservazioni critiche dell’Omodeo alla concezione del Risorgimento come «piccola storia» sono malevole e triviali, né egli riesce a comprendere come tale concezione sia stata l’unico tentativo un po’ serio di «nazionalizzare» le masse popolari, cioè di creare un movimento democratico con radici italiane e con esigenze italiane. (È strano che il Salvatorelli, accennando in una nota della «Cultura» alla Storia d’Europa del Croce e all’Età del Risorgimento dell’Omodeo, trovi questa l’espressione di un indirizzo democratico e la storia crociana di un indirizzo piú strettamente liberale conservatore).
Del resto si può osservare: se la storia del passato non si può non scrivere con gli interessi e per gli interessi attuali, la formula critica che bisogna fare la storia di ciò che il Risorgimento è stato concretamente (se non significa un richiamo al rispetto e alla completezza della documentazione) non è insufficiente e troppo ristretta?
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