Che una tale «riforma» sia stata diffusa in forme grossolane e sotto forma di opuscoletti non è istanza valevole contro il suo significato storico: non è da credere che le masse popolari influenzate dal calvinismo assorbissero concetti relativamente piú elaborati e raffinati di quelli offerti da questa letteratura di opuscoli: si presenta invece la quistione dei dirigenti di tale riforma, della loro inconsistenza e assenza di carattere forte ed energico.
Né il Missiroli tenta di analizzare il perché la minoranza che ha guidato il moto del Risorgimento non sia «andata al popolo», né «ideologicamente», assumendo in proprio il programma democratico che pure giungeva al popolo attraverso le traduzioni dal francese, né «economicamente» con la riforma agraria. Ciò che «poteva» avvenire, poiché il contadiname era quasi tutto il popolo d’allora e la riforma agraria era un’esigenza fortemente sentita, mentre la Riforma protestante coincise appunto con una guerra di contadini in Germania e con conflitti tra nobili e borghesi in Francia ecc. (non bisogna dimenticare che sulla riforma agraria speculò invece l’Austria per aizzare i contadini contro i patrioti latifondisti e che i liberali conservatori, con le scuole di mutuo insegnamento e con istituzioni di mutuo soccorso o di piccolo credito su pegni popolari, cercarono solo di acquistarsi la simpatia degli artigiani e degli scarsi nuclei operai di città: l’Associazione generale degli operai di Torino ebbe tra i fondatori il Cavour). «L’unità non aveva potuto attuarsi col Papato, di sua natura universale ed organicamente ostile a tutte le libertà moderne; ma non era neppure riuscita a trionfare del Papato, contrapponendo all’idea cattolica un’idea altrettanto universale che rispondesse ugualmente alla coscienza individuale e alla coscienza del mondo rinnovato dalla Riforma e dalla Rivoluzione». Affermazioni astratte e in gran parte prive di senso.
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